Orgoglio ferito, dignità calpestata, diritti violati…. Questo e tanto altro sono costretti a
subìre i nostri figli, quei simpatici ragazzi, quelle belle ragazze che giorno dopo giorno
devono fare i conti con una società omologata e con un modo di imparare e di studiare la
vita non comune alla maggioranza dei loro compagni ma non per questo meno efficace o
adeguato.
Sono i nostri figli, coloro che ci fanno arrossire per quanto amore e umanità hanno da dare
e che, nonostante ciò, vengono descritti come superficiali, non interessati, quasi
“maleducati”… perché poco attenti, svogliati, inadeguati allo studio, quello che
comunemente viene chiamato “STUDIO”, ma che ben si potrebbe definire “un triste modo
di avvicinarsi a ciò che non si conosce, non con la mente di chi ha scoperto un mondo
nuovo, ma con l’interesse di chi ha in mano un contratto e delle clausole da interpretare.
Siamo tutti tanto presi da quello che faremo “da grandi”, dalla strada che dovremo
percorrere e dal mezzo che useremo per arrivarci che ci perdiamo il cammino!
Non hanno, i nostri ragazzi, il gusto ed il piacere di imparare e di approfondire argomenti
nuovi o già conosciuti ma non del tutto scoperti.
Non hanno, i nostri ragazzi, gli strumenti adeguati per vivere la loro giovinezza e
adolescenza con il gusto di fare, ogni giorno, nuove esperienze di vita con i compagni di
classe e con i professori, non sempre “all’altezza del compito affidatogli”.
Eppure questi ragazzi, i nostri ragazzi, sono esattamente uguali a tutti gli altri compagni
della loro età, nelle esigenze, nelle passioni, nelle emozioni, nelle sofferenze e nelle gioie
per le piccole grandi vittorie della loro vita.
Sì, sono uguali eppure sono tanto diversi!
In fondo, però, chi può dire di essere uguale agli altri, chi è quel folle che non vede quanto
ogni uomo sia diverso dall’altro e quanto questa diversità sia una ricchezza per noi, per la
società, per il mondo.
Eppure ai nostri ragazzi il bisogno di apprendere e studiare in modo diverso vien fatto
pesare come se fosse una colpa, come se essi fossero responsabili delle loro diverse
esigenze pur nelle loro profonde ricchezze interiori.
In un mondo che tende, oramai, all’omologazione e alla perdita del valore di ogni
individuo, preferendo gli stereotipi e tutto ciò che è “collettivo”, abbiamo dimenticato il
valore di ogni essere umano, dell’individuo!
I nostri figli hanno solo un diverso modo di imparare e di ascoltare i concetti che,
soprattutto quando vengono proposti in maniera troppo articolata e complessa, li
disorientano e rendono necessaria una loro maggiore concentrazione sui singoli periodi
del discorso, magari sulle singole parole di cui sfugge il senso.
NON DISTRATTI, dunque, ma esattamente il contrario TROPPO ATTENTI ai particolari
del discorso, al punto tale che, soffermandosi a riflettere per interiorizzare e memorizzare,
si perdono il concetto generale e il senso di tutto il periodo. Ecco: “non hanno capito!” vien
da pensare... falso! Non sono stati messi nella condizione di seguire e di ragionare su tutto
quello che si voleva loro comunicare.
I docenti, questi intellettuali, che non amano esser contraddetti e che, ahimè, non amano
sentirsi dire “Lei non ha studiato”! Troppo spesso più preoccupati del programma e di
portarlo a termine di quanto invece si preoccupino di quello che del programma siano
capaci di trasmettere e lasciare a chi li ascolta. Figurarsi, poi, quando “qualcuno” frena la
loro corsa e li costringe a “pensare” e a spiegare una volta di più o magari solo in un modo
diverso da come hanno sempre fatto!!! IMPROPONIBILE!
Eppure spesso, per fortuna non sempre, è così! Chi può permettersi di giudicarli o
metterne in discussione il senso di responsabilità o l’adeguatezza al ruolo che occupano e
alle attività che svolgono..? NESSUNO, assolutamente nessuno può, nemmeno il
Dirigente Scolastico.
I docenti che non amano essere contestati o giudicati sono i primi a sentirsi autorizzati a
giudicare e contestare il diverso modo di imparare e di ascoltare dei nostri figli dislessici, e
quando viene fatto loro osservare che dire DISLESSICO e dire DISTRATTO non è corretto
ma che LA DISTRAZIONE (anche se meglio sarebbe parlare di troppa attenzione!) fa
parte delle caratteristiche “più evidenti” del ragazzo dislessico, beh si infastidiscono e si
offendono, perché ci si è permessi di mettere in discussione una loro valutazione….una
loro osservazione in classe di un comportamento scorretto dei nostri figli che “difendiamo
oltre misura” a riprova (a dire loro) di un eccesso di tutela e di protezione che non fa che
ostacolare la scuola e i suoi docenti nel loro fondamentale compito educativo.
Ecco, noi non sappiamo educare i nostri figli e non ci impegniamo a far loro capire che
NON DEVONO ESSERE DISTRATTI quando parla un docente, perché questo è da
maleducati!
E’ vero che oggi troppo spesso i genitori a forza di delegare il proprio compito educativo,
non si accorgono (perché talvolta non ne sono nemmeno in grado) che realmente i propri
figli non hanno il senso del rispetto altrui, delle regole e del vivere comune.
Questo è vero! ma non legittima, non autorizza nessuno ad affermare che se c’è un
ragazzo poco educato, TUTTI i ragazzi sono maleducati!
La responsabilità penale, si dice, è personale e anche quando non ci sono comportamenti
penalmente rilevanti e riprovevoli, ci sono comunque comportamenti spesso antisociali,
aggressivi o peggio arroganti che il soggetto ha avuto, per scelta o per ignoranza, ma
questo non autorizza nessuno, soprattutto chi deve dare l’esempio, a sostenere che se
uno sbaglia tutti devono essere puniti.
Succede proprio per quel contorto principio che “siamo tutti uguali e tutti sono responsabili
di ogni cosa”.
Niente di più fuorviante e sbagliato. Equivale a dire che nessuno è personalmente
responsabile di ciò che fa, c’è sempre un modo per “diluire” la colpa e “spalmarla” sulla
collettività.
Facile capire come tale ragionamento sia fortemente destabilizzante per i nostri ragazzi in
crescita che non saranno abituati a “pagare di persona” per le proprie scelte e soprattutto
non capiranno mai fino in fondo il motivo di esortazioni a ben fare e fare correttamente se
poi altri diversi da loro possono rispondere dei loro errori.
Questo è anche il motivo per cui troppo facilmente, nel contesto scolastico, non si crede al
disagio e alla difficoltà di un ragazzo visto che, se è come tutti gli altri, dovrà anche
recepire i messaggi allo stesso modo degli altri.
Insomma, se non si ha un braccio fasciato o un piede ingessato non si realizza la
necessità di una diversa attenzione per alcuni ragazzi che, invece, non hanno una fascia
al braccio ma un diverso funzionamento del loro cervello che, pur funzionante in maniera
perfetta, tuttavia attiva un percorso diverso e, per certi versi più lungo per arrivare alla
memorizzazione di un’informazione. Ecco la loro necessità di maggior tempo. Ma chi ha
stabilito quale sia il “giusto tempo” per capire e memorizzare un concetto? Chi ha detto
che bisogna apprendere leggendo e non piuttosto ascoltando o vedendo un film?
I docenti non accettano di considerare “il diverso modo di apprendere” una modalità
“ordinaria di apprendere” e, pur di non definire l’alunno come soggetto avente bisogno di
un diverso sforzo da parte loro, tendono ad omologarlo al gruppo ed avvicinarlo a coloro
che intenzionalmente scelgono di “non fare” o che per incapacità “non possono fare”.
Invece i ragazzi e le ragazze dislessiche non solo possono fare, ma lo farebbero molto
meglio di tanti altri se solo fossero messi in condizione di dimostrare le loro capacità
“uscendo dagli schemi”, dimostrando che si può apprendere in un modo diverso da come
fanno tutti, che leggono e ripetono a mente.
Ma i docenti tutto questo non sempre lo sanno ed è questo il vero problema!
L’arroganza e la saccenza sono figlie dell’ignoranza, nel senso che spesso “si ignorano”
determinati concetti o non si hanno specifiche conoscenze e non si vuol ammettere che
questo è vero.
Troppo spesso ci sentiamo dire “ma sono troppi alunni, non possiamo star dietro alle
esigenze di ognuno”…
Ma se la scuola non fa questo allora qual è il suo compito? Istruire chi è già capace di farlo
per conto suo e difficoltà non ne ha?
Inorgoglirsi dei bei voti sulle pagelle dei propri alunni come se fossero un merito
personale?
Quando un ragazzo non ha difficoltà a studiare e ad ottenere buoni risultati, il merito è suo,
della sua intelligenza e delle sue doti personali supportate da capacità nella norma e sforzi
gestibili, solo stimolate dai docenti.
Lodevole sarebbe portare chi ha difficoltà a raggiungere gli obiettivi comuni, seppur dotato
di intelligenza nella norma se non superiore, e fargli ottenere risultati eccellenti.
Allora sì che il merito sarebbe del docente.
La scuola non rende un buon servizio se abbandona chi ne ha bisogno e sostiene chi ne
potrebbe fare a meno.
Il senso della parola giustizia, a scuola, sfugge ai più! Un grande parroco, Don Lorenzo
Milani, che aveva fatto dell’insegnamento ai più disagiati il suo primo obiettivo di fede,
diceva spesso che “giustizia non vuol dire dare a tutti la stessa cosa, ma a ciascuno ciò di
cui ha bisogno”!
Se fossimo tutti più attenti a questo profondo concetto di giustizia, ci renderemmo conto
che parlare di “diverso modo di apprendere” non vuol dire altro che “diverso modo di
essere” ma non per questo con un minore diritto al sapere e al rispetto di sé.
L’umiltà non alberga in coloro che hanno la supponenza di insegnare “il sapere” ma in
coloro che dall’osservazione di chi li ascolta, hanno il coraggio di ammettere che ognuno è
fonte di ricchezza e proprio dalla diversità di ciascuno può nascere la forza della
conoscenza e l’occasione per imparare a vivere e condividere l’esperienza della
reciprocità: conversare, dicevano i latini, vuol dire “parlare con” non piuttosto “comunicare
a”…. Sembrerebbe facile da capire… ma forse come per vedere bisogna avere gli occhi,
così per capire ed amare bisogna avere un cervello e un cuore!
Il diritto allo studio è uno di quei diritti FONDAMENTALI che non si possono disattendere e
dai quali non si può prescindere se vogliamo sperare in una società di persone forti e
consapevoli.
L’ignoranza rende deboli e fragili…. Che forse l’obiettivo sia proprio quello? Non lo voglio
nemmeno pensare, tuttavia avere la consapevolezza dei propri diritti aiuta sicuramente a
farli rispettare e a rendere un migliore servizio alla società civile.
Voglio sperare che meno errori di valutazione e più consapevolezza dei propri doveri e
delle altrui legittime aspettative potrà formare una migliore generazione di soggetti, in
generale, e di uomini e donne, in particolare, su cui si fonderà il futuro della nostra
umanità.
Esiste una legge, la n° 170/2010 che tutela i diritti dei ragazzi dislessici…. Facciamola
rispettare, chiediamone l’applicazione con ogni mezzo, legale ma determinato, nella
consapevolezza che solo così avremo tutelato i nostri figli ed affermato pienamente il loro
diritto allo studio e all’affermazione delle loro potenzialità individuali…. Quelli sì UGUALI
PER TUTTI!