Forse la verità ci sfugge…o non vogliamo vederla!
Io sono un Avvocato, come tanti, e agli Avvocati mi rivolgo… ma non solo!
Quante volte ci è stato chiesto dai clienti: “quanto tempo ci vorrà?” … e quante volte
abbiamo potuto e saputo rispondere?
Eppure, a pensarci bene, non c’è giustizia giusta se intempestiva! Anche una buona
sentenza, quando nel frattempo il danno è fatto, quando il peggio è accaduto, non ristora e
non compensa delle difficoltà, delle sofferenze fisiche e psicologiche, oltre che dei risvolti
spesso disastrosi di provvedimenti provvisori, iniqui, ingiusti o comunque non rispettosi dei
soggetti deboli, anche se deboli non sembravano essere.
Sia chiaro che non mancano, per fortuna, le risposte giuste, frutto di competenza e
attenzione di magistrati come di avvocati…ma non è sempre così e, nonostante le good
practices, quanti effetti negativi di una mala giustizia si registrano quotidianamente?
Quanti padri hanno dovuto sopportare decisioni restrittive dei propri diritti di vedere un
figlio, e quanti figli hanno dovuto rinunciare al piacere e al bisogno di incontrare il padre,
senza “regole prestabilite” o condizionamenti di sorta?
Quante volte un genitore ha dovuto chiedere aiuto, a parenti o amici, perché obbligato a
versare quanto gli era stato imposto, pur non avendone la disponibilità, con provvedimenti
spesso privi di reale fondamento probatorio o frutto di informazioni fuorvianti, falsate e non
verificate?
Quanti figli sono cresciuti mentre le madri chiedevano giustizia di comportamenti
aggressivi, irresponsabili o anche solo “assenti” da parte dei propri compagni o coniugi, padri
dei propri figli?
Quei figli che erano bambini, quando assistevano ad aggressioni verbali o fisiche sulle
proprie madri e che, per essere tutelati, dovevano subire “ascolti” in tribunali, dinanzi a
giudici e poi ad esperti del giudice e poi da persone che avrebbero dovuto “monitorare” i loro
rapporti con i genitori e con chi diceva di amarli…. Sono diventati adolescenti, a volte adulti…
E intanto il tempo passava, giornate angoscianti di tensione, di rabbia, di pianto, di urla di
una madre o di singhiozzi di un fratello o una sorella, in giornate piene solo di parole vibranti,
di tanti consigli o domande dispensate a cuor leggero… e vuote di ascolto, di attenzione a
quello che dentro, ogni figlio, gridava, urlando senza voce, annientato dal dolore.
Ed il tempo passava… e passa…
Quando si chiede giustizia, quando si chiede aiuto, è necessaria una risposta tempestiva
perché, come recita un vecchio brocardo “mentre il medico studia, il malato muore”.
Quali sono, dunque, i motivi e le ragioni di tanto ritardo nella risposta di giustizia e di aiuto?
Le cause sono molteplici e sembra che sia quanto meno imbarazzante doverle riconoscere
nella consuetudine a dare per “giustificati” i provvedimenti di certa magistratura, non tutta
(per fortuna) ma ancora tanta, spesso impreparata, troppo frequentemente disattenta e
poco responsabile, che non risponde dei propri errori, quando di errori si tratta!
E’ chiaro che anche altri fattori entrano in gioco nelle dinamiche processuali che allungano
i tempi di risposta alle domande del cittadino; troppe figure professionali sono coinvolte;
magistrati, avvocati, mediatori, psicologi, consulenti a vario titolo che il legislatore ha
coinvolto a più livelli, nell’intento lodevole di tutelare il minore e, in generale, i soggetti deboli
di un rapporto conflittuale o di una famiglia problematica. Figure spesso necessarie ma che
chiedono “tempo” per potersi attivare ed assolvere al proprio compito…
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…ed il tempo passa…
Se solo chi, investito di un processo e di una domanda di aiuto, si rendesse conto che quei
soggetti che chiedono aiuto, direttamente o indirettamente, sono persone!!! non numeri di
ruolo o nomi e cognomi…
Se ciò preoccupasse tutti “gli addetti ai lavori”, (così vengono spesso indicati coloro che, per
vari motivi e con varie funzioni, sono coinvolti nelle dinamiche di un processo) e tutti, a vario
titolo, ricordassero che il tempo che passa fa danni più della violenza di un padre, o della
prepotenza di una madre o della indifferenza di una istituzione, non si perderebbe la bussola,
non si trascurerebbero i dettagli, non si dimenticherebbe il pianto di un debole che, con il
tempo, rischia di diventare rabbia, rancore, frustrazione, delusione, violenza…. e fallimento!
Quando la risposta arriva tardi, il fallimento della giustizia è garantito, qualunque sia il
risultato!
Per chi studia il diritto e le sue applicazioni, una sentenza della suprema Corte di Cassazione,
magari a Sezioni Unite, è un faro nella notte, quando risponde a una domanda per lungo
tempo ripetuta e delusa ma… quante vittime, intanto, sono cadute lungo il cammino…?
Quanto dolore è stato provato, quante lacrime versate, quanti figli cresciuti nella
convinzione di non essere amati o nella solitudine di una famiglia che non li ha ascoltati,
quanti uomini si sono arresi e hanno smesso di chiedere di un figlio, quante donne sono
rimaste sfregiate o hanno ceduto a compromessi con la propria coscienza …. Quanto tempo
è passato prima che il medico abbia trovato la cura….?
Chi mai darà ristoro a tanto male? qual è la cura?
Responsabilità!
È solo la responsabilità di ciascuno, nessuno escluso, a fare la differenza, a consentire al
minore di non diventare adulto prima di essere aiutato, così come al padre di ritrovare
l’amore e l’attenzione del figlio, a prescindere dai soldi che riesca a far avere alla madre,
oppure alla madre di far crescere il figlio senza aver paura di uscire di casa, senza dover
temere di trovarsi da sola, al buio in una stanza, e doversi difendere da chi, fino a ieri, aveva
detto di amarla, o di riuscire ad aiutare il figlio, dandogli quello di cui ha bisogno per vivere,
per crescere sano e per studiare e diventare un adulto responsabile!
Cos’è la responsabilità? È quella condizione per cui, quando siamo investiti di un lavoro o
di una decisione, siamo consapevoli che, dal nostro lavoro, da come lo svolgeremo e dalle
scelte che faremo, deriveranno conseguenze per qualcuno o su qualcosa che avremo
determinato noi; quello stato di fatto per cui, se sbagliamo, per errore umano o per
superficialità o incompetenza, dovremo comunque rispondere di ciò che abbiamo fatto,
indipendentemente dal fatto che “sia successo perché l’abbiamo voluto o meno”.
Se abbiamo “voluto” far male, il nostro comportamento è doloso, ma non meno dannoso
di quando abbiamo lavorato, deciso, determinato un risultato solo per leggerezza,
incompetenza o errore.
Resta il fatto che il danno si è prodotto e chi sbaglia, deve pagare! SEMPRE, senza se e senza
ma.
Non possono esserci persone, categorie di professionisti, meno responsabili di altri, delle
proprie azioni; non possiamo consentire che in uno Stato civile, qualcuno sia meno o per
niente “colpevole” per non avere fatto il proprio dovere o non averlo fatto con attenzione e
competenza.
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I danni, quelli sì, sono uguali per tutti, possono fare minore o maggior male, potranno
essere più o meno compensati a seconda della forza, fisica, morale o economica di chi li
subisce, ma è certo che si realizzeranno, com’è certo che dopo il giorno viene la notte.
Il tempo è un bene prezioso, nel tempo i bambini diventano adulti, i malesseri diventano
malattie a volte incurabili, i dolori diventano traumi spesso insuperabili e che
comprometteranno la vita, la storia, non solo di chi li ha vissuti ma anche di chi li ha osservati
senza poter essere d’aiuto, con la consapevolezza di essere spettatori inermi di un film di cui
si conosce la trama e si prevede la fine… senza poterla impedire e poter cambiare il verso
della storia.
Dobbiamo aprire gli occhi e, con coraggio, chiamare le cose per il loro nome.
Nessuno può essere esonerato da responsabilità per le conseguenze del proprio lavoro, del
proprio comportamento e delle proprie scelte.
E’ un dato oggettivo che si chiede ad ognuno di noi, in quanto avvocati, magistrati, medici,
ingegneri, professori… ma anche al più semplice operaio o al muratore o all’autista di un
treno…
Questo viene chiesto ad ogni cittadino….
Questo è necessario che sia chiesto anche a chi decide della vita, della libertà e della serenità
di una famiglia, di un uomo, di una donna, di un minore o di un qualsiasi cittadino che chiede
giustizia!
Questa è la responsabilità che si pretende dallo Stato, se in uno Stato ancora abbiamo la
forza di credere e di vivere.
Maria Teresa de Scianni
(avvocato di famiglia)